LORO LEGGI E REPRESSIONE, NOI COMPAGNE E SOLIDARIETA’.
Comunicato di solidarietà alla compagna ed ai compagni torinesi.
Nello stesso momento in cui l’esperienza Rivoluzionaria del Rojava viene messa sotto imponente minaccia da parte del regime turco di Erdogan, proprio quando l’ISIS, il grande nemico dell’occidente, sembra essere giunto alla sconfitta, dopo aver funzionato per anni come perfetto strumento per la diffusione dell’islamofobia, la promozione della guerra fra civiltà e soprattutto come ragione per le grandi potenze di promuovere i propri interessi in medio oriente, la nostra controparte si anticipa sui tempi puntando il dito verso un nuovo nemico interno.
A farlo sono gli stessi governi come quello fascio-leghista-pentastellato che hanno costruito la loro vittoria strumentalizzando la lotta al terrorismo per accrescere la paura e l’odio verso lo straniero. Chiariamo che per noi il terrorismo islamico non è un fondamentalismo religioso, ma è una forma di fascismo non diversa dalle altre e abbiamo sempre sostenuto come le sue radici più profonde siano saldamente radicate nello stesso occidente, in quegli stessi governi che ora pretendono di combatterlo.
Se in qualche modo i governi hanno tollerato l’alleanza con le forze autonome di difesa Ypj e Ypg, in quanto fondamentali alleati sul campo per la reale sconfitta di Daesh (ISIS), possono ora, anzi devono, aprire il campo per liberarsi di questo scomodo alleato e degli effetti collaterali creati dalle sue forti connessioni internazionali. Sappiamo bene che nonostante le dichiarazioni dei vari leader mondiali, nessuno ha un vero interesse a mettere in discussione le proprie relazioni con la Turchia per difendere l’esperienza del confederalismo democratico. Questo è logico, come potrebbero le elite mondiali patriarcali, stataliste e capitaliste difendere un esperienza che si basa sulla liberazione delle donne, la fine dello stato e del capitalismo?
Come si è lasciato che venisse attaccata Afrin meno di un anno fa, senza che nessuno muovesse un dito, si lascerà ora alla Turchia fare i suoi sporchi comodi, stando entro i soli confini, degli interessi delle altre potenze presenti nell’area.
In questo ripugnate gioco dei potenti, il movimento kurdo, che è il movimento di chiunque creda in un cambiamento radicale dell’esistente, va avanti per la sua strada con una determinazione e una perseveranza esemplari. Mentre Erdogan sbraita, sputando dichiarazioni a destra e a manca, Leyla Guven, deputata dell’HDP, arriva al suo 69 giorno di sciopero della fame insieme ad oltre 200 prigionieri politici , per chiedere la fine dell’isolamento del leader Abdullah Ocalan, mentre all’interno dei territori liberati della Siria del nord ci si prepara ad una resistenza ad oltranza, scevra di qualsiasi timore o tentennamento e forte della solidarietà e dei solidi legami costruiti con altre lotte vicine e lontane.
Sicuramente ciò che rende socialmente pericolosi agli occhi dello Stato le compagne e i compagni che partecipano alla rivoluzione del Rojava è la paura della loro fame di libertà, la paura che quell’incredibile esperienza di liberazione e democrazia vissuta in Siria gli sia entrata nelle vene e rischi di riversarsi ora da questo lato del Mediteranneo. Pericolose per questo mondo di ingiustizie, pericolose per il patriarcato e per il sistema capitalista.
In perfetta sintonia con tutto un apparato che sta facendo della prevenzione uno strumento centrale per colpire le marginalità e disciplinare il dissenso, la sorveglianza speciale è una misura che si iscrive a pieno titolo nel disperato tentativo del potere di cancellare ogni traccia di insubordinazione, di colpire chi sceglie di ribellarsi.
Non è l’esperienza passata che si vuole criminalizzare, ma la potenzialità futura che questi soggetti non allineati esprimono. Per questo si sceglie una misura che porta all’isolamento e alla rottura dei legami, soprattutto quelli di lotta, pensando così di riuscire a spezzare la volontà e il desiderio di chi è in prima linea nella costruzione di un’alternativa al sistema antidemocratico in cui viviamo.
Quello che il potere non sa è che ad avere il Rojava nelle vene siamo in tante e tanti, che la passione per la libertà è una malattia che viaggia veloce e che contagia in fretta, che la Siria è vicina, quello che non sa è che non abbiamo mai creduto alla sua giustizia riconoscendola sempre come strumento di divisione ed oppressione e che più si cercherà di accusarci e isolarci, più saremo capaci di difenderci, di creare legami e di moltiplicarci, il potere non sa che la storia alla fine sarà sempre dalla nostra parte.
Brigata Maddalena
Fonte:https://retejin.org/solidarieta-alla-compagna-ed-ai-compagni-torinesi-dalla-brigata-maddalena/
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