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Nei campi profughi di Berxwedan e Sahaba la resistenza è donna

Nei campi profughi di Berxwedan e Sahaba, la resistenza è donna.
È dalla loro forza di ripartire, ricostruire e riorganizzare che è iniziata una vera e propria organizzazione di luoghi per ridare vita alla quotidianità degli sfollati da Afrîn – dopo la violenta occupazione turca- e che ora vertono in condizioni di estrema povertà nei campi profughi vicino Aleppo.
Hajin ha sei figli, uno di loro ha gravi problemi cardiaci e un altro è muto. Alle spalle una casa distrutta dall’armata turca, e i loro alberi bruciati. La violenza barbara delle milizie ha risparmiato solo gli ulivi, per poterli poi portare in Turchia. Poi il vuoto, ad Hajin non è rimasto che un pugno di povertà. Ma ci prova lo stesso a ripartire e nella sua tenda vende piccole quantità di alimenti: “I miei figli hanno bisogno di cure mediche. Le ragazze vorrebbero studiare. Dobbiamo anche pensare a mangiare. Dopo aver subito una distruzione totale, bisogna solo riorganizzarsi e far ripartire tutto per sconfiggere questa violenza dittatoriale e la povertà che ne consegue.”
Anche Nazifa fa parte di questa Resistenza che non si arrende. Una resistenza che ha in grembo storie drammatiche ed infanzia rubate. Nazifa ha 10 anni e per sopravvivere vende mais bollito vicino la sua tenda, insieme al fratellino Ibo.
La piccola ci racconta cosa le è accaduto e come ha deciso di ripartire:
“Mi chiamo Nazifa Mohammad. Lo stato turco e le sue bande hanno attaccato Afrin con aerei da guerra e bombe. Hanno distrutto le nostre case. Siamo fuggiti nelle regioni dello Sahabaa. Viviamo all’aperto. Siamo quasi morti sotto il sole cocente. Siamo poveri. Non abbiamo soldi. Non possiamo andare a scuola. Ho reagito e deciso di vendere mais bollito perchè in qualche modo vogliamo sopravvivere.”
Una lotta per la sopravvivenza attraverso la resistenza, una resistenza non armata ma cercata, voluta, organizzata. Perchè è unendo le loro forze e attraverso riunioni mensili, le donne stanno cercando di ricostruire oltre le macerie.

“Continueremo a fare delle nostre vite poesie, fino a quando libertà non verrà declamata sopra le catene spezzate di tutti i popoli oppressi.” Arrigoni.

Rossella Assanti

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